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Caso Yefremov: Lutsenko mette in Scena l’ennesimo Processo Farsa

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Era l’11 aprile 2011: Oleksandr Yefremov non era un ex politico caduto in disgrazia, come oggi, ma il potente capobastone del Partito delle Regioni alla Rada e uno dei più ricchi e potenti poltici di Lugansk. In quella veste lanciò l’allarme in Paralamento: “ho addirittura informazioni che Soros ha stanziato certi fondi al fine di preparare certi gruppi di giovani qui in Ucraina per attuare un progetto già esistente basato sull’esempio del Nord Africa”.  Allarme che rimase purtroppo inascoltato e che probabilmente oggi Yefremov rimpiange dietro le sbarre dell’ignoto centro di detenzione del SBU di Kiev dove è stato condotto il 30 luglio, e dove sarà detenuto in via cautelare per un tempo massimo di due mesi su richiesta dell’ormai onnipotente Procuratore Generale Lutsenko.

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Il super teste Volodymir Landik

Il suo accusatore è Volodymir Landik, un altro pezzo grosso del Partito delle Regioni a Lugansk nel periodo Janukovich, entrato però in urto con Yefremov nel 2011, quando il figlio Roman Landik, già consigliere comunale, si rese protagonista di uno scandalo per aver picchiato selvaggiamente, ripreso da un video di sorveglianza , una ragazza di vent’anni. Di fronte alla indignazione popolare il Partito, invece di coprirlo, lo espulse.

Il caso aveva infiammato l’opposizione ucraina (poi salita al governo con il putsch maidanista), e tuttavia è stato poi un tribunale dell’Ucraina post “rivoluzione” ad assolvere il giovane per “legittima difesa” nell’aprile del 2014, ribaltando la sentenza del 2012 (al tempo della”tirannide” di Janukovich)  che aveva chiesto ed ottenuto l’estradizione dalla Russia e lo aveva condannato a tre anni di reclusione (se pur convertiti in libertà vigilata).

Per questo ed altri episodi Landik e Yefremov erano dunque diventati nemici personali, ed è così che dopo i fatti del marzo 2014, Landik aveva reso una intervista a Unian indicando Yefremov come mandante “morale” della rivolta di Lugansk. Al tempo aveva detto: “non posso dire per certo che il mandante dietro I torbidi separatist a Lugansk sia Yefremov. Ma, secondo evidenze indirette… Primo Ministro, capo del Gruppo Parlamentare del Partito delle Regioni, abitante di Lugansk, non commenta i fatti. Nel frattempo il suo braccio destro organizza la presa degli edifici amministrrativi statali e regionali.”.  Yefremov era stato detenuto brevemente nel gennaio del 2015 sotto le stesse accuse, riferite alla Procura (al tempo retta da Viktor Shokin) dallo stesso Landik, e poi rilasciato per decorrenza dei termini di custodia cautelare senza che nessuna imputazione venisse formulata.

Oggi però, sollecitata da Lutsenko, la memoria di Landik offre molti più dettagli di quanti non ne fornisse nell’immediatezza degli eventi: il “super teste riferisce” di ricordare sia brogli elettorali organizzati da Yefremov per assicurare ai regionali la vittoria a Lugansk, sia i finanziamenti di Yefremov ai ribelli nel 2014 e la sua regia nella rivolta.

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Ricorda addirittura una riunione a cui avrebbe partecipato Segey Glazyev (!), notissimo consigliere di Putin (personalità assai poco credibile nella veste di agente sabotatore), in cui sarebbero stati distribuiti, per il dopo insurrezione, tutti gli asset economici locali fra gli oligarchi della zona: “ne avevo già parlato in precedenza con Turchinov e Avakov” piagnucola Landik rifilando un siluro ad alleati di Governo che certo non dispiacerà a Lutsenko “ma loro non avevano considerato interessante la mia storia”. Per cui Yefremov torna in carcere, e pazienza se le stesse accuse, con lo stesso testimone, erano già cadute nel 2015: il caso di Igor Markov dimostra che il sistema giudiziario di Kiev non si ritiene vincolato al principio secondo cui non si processa la gente due volte per gli stessi fatti (ne bis in idem: per questo il Tribunale di Genova negò l’estradizione).  Per buona misura Yefremov è accusato anche di appropriazione indebita dell’azienda Luganskugol, un colosso minerario su cui il politico di Lugansk era riuscito a mettere le mani a prezzi di saldo nel 2014 in seguito ad un “fallimento pilotato”. Accusa questa probabilmente più fondata, ma di certo non straordinaria nell’Ucraina del “così fan tutti”.

Comunque non è che Avakov e Turchinov, ammesso Landik abbia mai cercato di rifilargli questa palese panzana, non l’abbiano trovata interessante. Più probabilmente avevano considerato la storiella talmente inverosimile da renderla inutilizzabile sul piano giudiziario, circostanza che invece non ha scoraggiato Lutsenko, ben lieto di andare a ripescare questo avanzo nella frazione umida per attaccare alla cintura un altro scalpo dal nome altisonante come quello di Oleksandr Onishchenko, andando poi a sbandierare che questo arresto dimostra che “l’Ucraina è in ripresa” (sic).  Il fatto che le accuse contro Yefremov siano per due terzi ridicole per un terzo ovvie e che si basino su di un teste palesemente inaffidabile non frena Lutsenko, che anzi rilancia, proponendo a Yefremov un “accordo” in cambio di una testimonianza contro i “mandanti” esteri della guerra civile. E veniamo al solito refrain: è stato Putin.

Yurj Lutsenko: Il Procuratore Generale sta costruendo una serie di processi politici su commisione del Presidente

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Come tutto questo possa essere definito “giustizia”, anche secondo i non eccezionalmente rigorosi parametri locali, non si capisce. Del resto persino la sorosiana Freedom House si è accorta che nell’Ucraina di oggi il sistema giudiziario è peggio di quello dei tempi del “dittatore” (eletto) Janukovich.

Quello che è chiaro, e che modestamente segnaliamo ormai da mesi, è che lo snodo dello scorso aprile, nel quale Poroshenko si è impadronito del Governo e della Procura Generale, ha attivato un processo di accentramento che pone l’Ucraina ben distante dagli standard minimi accettabili per un paese democratico. L’Unione Europea, da parte sua, formalmente guarda altrove, sostanzialmente si rimangia, uno dopo l’altro, gli impegni assunti nei confronti dello scomodo alleato.

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Articolo a cura di Marco Bordoni per SakerItalia.it


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